RICERCA
DONNE
MIGRANTI
INVECCHIAMENTO
ETICA E RICERCA
TECNOLOGIA
IDENTITÀ
Donne lavoro e discriminazione di genere
Il divario di genere è una tematica di crescente interesse, in quanto è stata rilevata una forte correlazione con il livello di sviluppo economico di un paese. Secondo i dati ISTAT(2019), nel novembre 2029, il tasso di occupazione (15-64 anni) maschile era del 68,3%, mentre quello femminile era del 50,5%. Il tasso di inattività (43,1%) delle donne, invece, era quasi doppio rispetto a quello degli uomini (24,9%). In Europa (EUROSTAT – gennaio 2018) il tasso di disoccupazione femminile italiano è secondo solo a quello della Spagna e della Grecia. A livello di occupazione il divario di genere in Italia è di 17,7 punti percentuali a sfavore delle donne, mentre il tasso di inattività supera quello degli uomini di 18,5 p.p. (EUROSTAT 2018).
In Italia il 25/10/17, l’audizione del Presidente dell’ISTAT Giorgio Alleva presso la I Commissione “Affari costituzionali” della Camera dei Deputati, ha avuto per oggetto le politiche sulla parità tra donne e uomini. Alleva (2017) ha evidenziato che, nonostante gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 (UN 2015), in Italia il tasso di occupazione delle donne rimane ancora basso, sebbene siano mediamente più istruite degli uomini; le loro carriere sono più discontinue, è ridotto l’accesso alle posizioni apicali, le retribuzioni e le pensioni sono inferiori a quelle degli uomini. Tra le cause Alleva (2017) individua una bassa condivisione, tra i componenti della famiglia, della gestione dei tempi di lavoro e cura, con una tradizionale asimmetria a sfavore delle donne.
MIGRANTI
Secondo l’agenzia Unicef (2017) nel 2015, c’erano 244 milioni di persone in tutto il mondo che vivevano fuori dal loro paese di nascita e 31 milioni di loro erano bambini. Tra i migranti di tutto il mondo ci sono oltre 21 milioni di rifugiati – circa 10 milioni dei quali sono bambini – che sono stati costretti a sfollare forzatamente dai loro paesi. Nel 2015 altri 41 milioni di persone sono sfollate a causa di conflitti e violenze e si stima che 17 milioni di loro siano bambini.
Seguendo Dahinden (2015: 2016) proponiamo studi di “de-etnicizzare” gli studi sulle migrazioni, ovvero di problematizzare i concetti di “migrazione” ed “etnia”, tali categorie sono viste principalmente come il prodotto dell’ apparato statale istituzionalizzato relativo alle migrazioni. È importante distinguere tra “categorie pratiche” e “categorie di analisi sociale”. Esplorando il modo in cui vengono prodotte le categorie pratiche, si può evitare di rafforzare attraverso la ricerca l’apparato statale istituzionalizzato relativo alle migrazioni. L’approccio degli “studi sulla mobilità”, ad esempio, consente di considerare la migrazione all’interno degli stati come una delle molte possibilità di mobilità dei gruppi di popolazione, generalmente correlata alla concentrazione dei mezzi di produzione.
Invecchiamento della popolazione
L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno mondiale. Si stima che a livello globale il numero di persone di età pari o superiore a 60 anni aumenterà da 900 milioni (2015) a 1400 milioni entro il 2030. A livello globale, la popolazione di 85 anni e oltre si stimata sarà più che triplicata tra il 2010 e il 2050. In molti paesi, le/gli ottantenni sono la fascia di età in più rapida crescita rispetto alla popolazione totale. Il trend continuerà nei prossimi due decenni, in cui la generazione del baby boom del dopoguerra completerà il suo passaggio alla pensione. Nell’Unione Europea, nel 2016, c’erano 27,3 milioni di persone di età pari o superiore a 80 anni, 7 milioni in più di dieci anni fa. Le donne anziane rappresentano circa i due terzi (64%) delle persone anziane, tra le persone di età pari o superiore a 80 anni. È molto probabile che tale trend abbia un profondo impatto nel sistema di assistenza sanitaria e sociale, nel mercato del lavoro, nelle finanze pubbliche e nei diritti pensionistici. Migliorare la partecipazione dei cittadini più anziani è un obiettivo utile in sé nei paesi democratici, ma è anche il mezzo più efficace per promuovere l’invecchiamento attivo. L’attuale coinvolgimento degli anziani nella vita sociale, culturale e politica delle loro comunità rappresenta la via per un invecchiamento sano e positivo, a questo fine, inoltre, è indispensabile sviluppare servizi socio sanitari di prossimità che permettano agli anziani di invecchiare nelle proprie case.
Etica della ricerca
Le questioni etiche fanno parte delle pratiche ordinarie di ricerca in una varietà di discipline in cui si raccolgano dati interazionali: sociologia, linguistica, antropologia ecc. I codici di condotta stabiliti definiscono standard di comportamento accettabili all’interno della professione. Inoltre, in molti paesi, sono stati istituiti comitati etici, come l’istituto di revisione istituzionale (IRB), il comitato etico di ricerca (REB), il comitato etico di ricerca (REC), e l’ottenimento dell’autorizzazione da parte di tali comitati è diventato parte del attività ordinarie di ricerca scientifica. Il processo di riflessione su questioni etiche è valutato di per sé come un esercizio utile che consente un cambiamento di consapevolezza e coscienza in relazione alle pratiche di ricerca. Inoltre, la riflessione su questioni etiche influenza le relazioni di ricerca, modifica l’atteggiamento del ricercatore nei confronti dei partecipanti alla ricerca, stimola la presenza e la vigilanza nei confronti delle prospettive e dei bisogni dei partecipanti.
“L’etica in pratica” consiste in studi empirici che documentano in dettaglio l’emergere di problemi etici reali nello svolgimento delle attività di ricerca. Descrivono le decisioni etiche che sono state prese e le soluzioni metodologiche adottate, discutendole criticamente.
Linguaggio e tecnologia
Vi è un crescente campo di ricerca – studi sul posto di lavoro – e in particolare il lavoro cooperativo con supporti informatici (CSCW), che si concentra sullo studio delle pratiche di lavoro supportate dalla tecnologia informatica (IT). Attualmente vengono inclusi sofisticati sistemi IT in ambiti sociali, ovvero i luoghi di lavoro reali, e fallimenti clamorosi hanno dimostrato con forza che questo processo è spesso problematico. Inoltre, gli approcci alla progettazione di sistema, come la “progettazione cooperativa” e la “progettazione partecipativa”, sottolineano la centralità della preoccupazione costante rispetto l’interazione diretta e continua con coloro che sono gli arbitri finali dell’adeguatezza del sistema, vale a dire quelli che dovranno usare la tecnologia nella vita e nel lavoro di tutti i giorni. Gli studi etnometodologici hanno dato un grande contributo a questi campi di ricerca, descrivendo le specifiche procedure interazionali tipiche di questi luoghi di lavoro.
Costruzione Sociale dell’identità
I processi di identificazione sono fenomeni ampiamente studiati in ambito etnometodologico. La concezione etnometodologica dell’identità è costruzionista e non-essenzialista (Antaki 2013), nel senso che il soggetto non “possiede” un’identità, ma diverse identità vengono attivate in relazione a specifici contesti ed interlocutori. I processi di identificazione sono centrali per l’interazione sociale, i parlanti orientano i loro discorsi in riferimento alla propria identità nella produzione, come pure nella comprensione verbale. I processi di identificazione danno forma sia alla pianificazione verbale del parlante, sia alla costruzione del senso del ricevente. Azioni e discorsi sono riflessivamente ricchi di implicazioni (inferent-reach) (Sacks, 1992) in relazione a processi di identificazione, per cui qualsiasi interazione è potenzialmente ispezionabile al fine di documentare processi di produzione dell’identità.